• arte

    Donna ecco tuo figlio. figlio ecco tua madre – Le parole di Gesù sulla croce

    La terza delle sette parole di Gesù sulla croce attraverso la crocifissione di Van der Weyden

    ‘Padre’, abbiamo sentito nella prima delle parole di Gesù sulla croce, ‘madre’ e ‘figlio’ sentiamo ora. Sembra non esserci crocifissione senza questi due personaggi comprimari. I primi due a piangere Cristo, i due che forse comprendono più d’ogni altro la passione di quell’uomo appeso alla croce.

    Maria, la madre, sotto la croce

    L’una perché madre carnale e viene in questo dipinto di Van Der Weiden raffigurata come donna avvolta in un abito sovrabbondante, che pare un enorme lenzuolo, da cui emergono il volto piangente e il corpo in procinto di abbandonarsi e cedere al dolore insostenibile della croce. A lei è rivolto il viso del figlio, al quale non riesce a dare risposta. Come può una madre guardare gli occhi chiusi d’un figlio?

    Giovanni, il figlio, sotto la croce

    L’altro personaggio è Giovanni, il «discepolo che Gesù amava», colui che già sapeva perché annunciatogli nell’ultima cena. In quest’opera Giovanni a mani levate volge lo sguardo alla croce creando una relazione circolare tra i personaggi.

    Eppure la vera relazione che viene qui a esplicitarsi è quella tra la Madonna e Giovanni, due figure che sono lì in funzione della croce, che fondano il loro rapporto sulla croce e scoprono di essere l’uno per l’altro madre e figlio. Massima espressione dell’amore terreno. In questo riconoscersi madri e figli si scoprono avvolti di vesti di salvezza, incorrotte, sopra le quali né lacrime né sangue possono posarsi.

    Sarà Giovanni dopo le donne, a vivere l’esperienza del sepolcro vuoto. Il vangelo ci riporta come egli «vide e credette».

  • arte

    Oggi sarai con me in paradiso – Le parole di Gesù sulla croce

    La seconda delle parole di Gesù sulla croce: «Oggi sarai con me in paradiso»

    Passione è parola che ci accompagnerà in questo excursus e che ritroviamo manifesta anche nella splendida crocifissione del primo quarto del Cinquecento di Gaudenzio Ferrari nel Santuario della Madonna delle Grazie a Varallo.

    Qui tra lo svolgersi ‘barocco’ dei sentimenti e tra i turbini di vesti e disperazione sorge un qualcosa di autentico. Certo, meraviglioso il corpo del Cristo, ma soffermiamoci sul volto. Pace, serenità, beatitudine. Non è il volto di un crocifisso, ma al contempo non è ancora il viso di un risorto. Il pittore delinea qui i tratti di una promessa d’amore e di colui, l’amato, che a quella promessa s’affida e che, in quella promessa, muore.

    In questa verità, Gesù, proferisce parole di salvezza: «Hodie mecum eris in paradiso – Oggi sarai con me in paradiso».

    I due ladroni e le due vie - le sette parole di Gesù sulla croce

    Hodie è un oggi eterno, circolare, che è pronunciato ogni qual volta ci si mette in ascolto di parole di amore. È l’incipit di una promessa che continuamente si rinnova e si nutre del mecum, con me. 

    La passione torna ad essere destino comune e in particolare lo è, in quel momento, per i due ladroni. Sono infatti le due loro figure a sintetizzare le due strade che si aprono agli uomini: non porgere l’orecchio alla Parola oppure farlo e vivere con Lui nella promessa d’amore.

    Due vie che portano l’una alla disperazione, a un’esistenza nella quale il male è giogo e spinge verso terra, l’altra conduce alla speranza, che tramuta la croce in beatitudine (sull’esempio di Cristo), e che apre al futuro («sarai») e al paradiso.


    Scopri il canale Youtube Oltre l'Arte

    Ogni settimana nuovi contenuti artistici!


  • arte

    Padre, perdona loro, poiché non sanno quello che fanno

    La prima delle sette parole di Gesù sulla croce: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno»

    Le prime parole di Gesù sulla croce non sono per sè, bensì per il Padre e per coloro che “non sanno ciò che fanno”. In questo, sta tutta la drammaticità di un accadimento: l’uomo che non riconosce il Dio sceso in terra e lo crocifigge. Poi scopriremo che sarà la croce, in realtà, a portare salvezza, ma poi. Ora è tragedia.

     

     

    La crocifissione di Cimabue nella basilica di San Francesco ad Assisi

    Siamo ad Assisi, sul finire del Duecento quando Cimabue affresca sul transetto della Basilica di San Francesco questa concitata crocifissione. Separazioni e ferite lacerano la composizione di questo affresco. 

    Gli angeli del padre, contrapposti agli uomini, uomini che tra loro sono marcatamente divisi in coloro che piangono e coloro che vogliono ciò che accade. La cerniera che ancora una volta è chiamata a sanare, a guarire e unire queste lacerazioni è il corpo di Cristo, dimensionalmente più grande e lasciatosi andare come ‘biscione doloroso’. Una linea curva e conciliante in un mondo di linee nette e spezzate. 

    A questa drammaticità, contribuisce l’alterazione dei bianchi, relegando gli originari colori di questa crocifissione al passato. Ed è proprio lì, nel passato di ogni giorno, che la morte deve collocarsi.

    Un personaggio: Francesco. Egli, chino ai piedi della croce, la adora fino a baciarla. Dal “Padre” sussurrato o urlato di Cristo passiamo all’ “altissimo onnipotente bon Signore” colui che solo può, come richiesto da Cristo, perdonare. Allora, scrive Francesco, “Lodato sii mio Signore, per quelli che perdonano in nome del tuo amore, e sopportano malattie e sofferenze”.

    La passione è ciò che unisce tutti in questo affresco ed è la sola strada stretta attraverso la quale passa il perdono.


    Scopri il canale Youtube Oltre l'Arte

    Ogni settimana nuovi contenuti artistici!