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    La fontana dei quattro fiumi: Bernini, le donne e il papa ringiovanito

    Anche l’arte e la vicenda di Bernini possono raccontarci qualcosa riguardo la questione di genere e l’essenza della donna nella storia e nella nostra società. Questo breve e intenso viaggio lo potremmo far partire dalla Fontana dei quattro fiumi. Vediamo perché…

    La commissione dell’opera

    Una versione dei fatti sostiene che Bernini ottenne la commissione di questo capolavoro di scultura barocca grazie ad una donna, anzi in un certo senso comprandosi i favori di una donna: Olimpia Maidalchini. La tradizione vuole che l’artista abbia donato alla cognata di papa Innocenzo X, celebre per la sua avidità, un bozzetto della fontana realizzato interamente in argento. Un racconto intriso di maldicenza e luoghi comuni. Una cosa nient’affatto rara in aneddoti e dicerie che han trovato poi lo scritto della carta e che si sono tramandati fino a noi.

    Velazquez Olimpia Maidalchini
    Diego Velazquez, Ritratto di Donna Olimpia Maicalchini.

    Un’altra versione dei fatti, riportata dalle biografie berniniane, racconta invece l’ostinazione del papa Pamphili a non commissionare la fontana al Bernini poiché egli era lo scultore di che lo aveva preceduto sul soglio pontificio (Urbano VIII Barberini). Famiglia, i Barberini, che era finita in una sorta di ‘tangentopoli’.

    Papa Innocenzo X tuttavia, dopo aver visto il modello in legno della fontana portato nel suo palazzo dal cardinal Ludovisi, avrebbe dovuto lasciar da parte questa sua ostinazione e ritirare la parola presa col Borromini. Avrebbe poi proferito la celebre frase: «Se non si vogliono far fare lavori al Bernini non si devono vedere i suoi progetti».

    La Fontana dei quattro fiumi per Piazza Navona

    Insomma un’altra storia tutta al maschile, e se c’è una donna c’è perché comprata. Come tutta al maschile è la fontana, non solo nei suoi soggetti bensì anche, probabilmente, nella realizzazione. Insomma in quella piazza che tanto bella era e tanto bella è, la cui forma deriva dal circo di Domiziano e il cui nome si origina da in agone (luogo destinato alle competizioni e ai giochi), Bernini voleva riconquistare il centro della scena. Lo fece, mettendo mano al cardine del potere papale che, in quel momento, era appunto Piazza Navona. Lì Innocenzo X stava realizzando il suo palazzo papale e la sua chiesa, con i lavori affidati a Borromini e Pietro da Cortona. Mancava solo il Bernini, al quale nel 1647 fu affidato il compito di costruire questa fontana in sostituzione degli abbeveratoi già esistenti e alimentati con l’acqua della fonte Vergine.

    La Fontana dei quattro fiumi: girare attorno alla fonte

    Bernini reinventa il concetto di fontana distaccandosi dal lessico decorativo delle fonti rinascimentali e portando al centro della piazza lo spettacolo scolpito su di un enorme monolite in travertino fatto giungere da Tivoli. Questo, si imposta su una vasca molto bassa e ospita i più celebri quattro fiumi del mondo allora conosciuto: Il Gange, Il Rio de la Plata, Il Danubio e Il Nilo.

    Fontana Quattro fiumi Bernini

    La diversità dei continenti è sottolineata dalle fattezze dei volti e amplificata dalle mani diverse dei quattro artisti che realizzarono le statue, rigorosamente in marmo. Il pellegrino o chiunque si trovasse a girare attorno alla fonte poteva avere esperienza del mondo, delle diversità umane e di quelle animali e vegetali. 

    È proprio su questa varietà che si innestava magistralmente l’obelisco finto egiziano fatto realizzare da Domiziano, preso dal circo di Massenzio e cristianizzato mediante la colomba in bronzo posta sulla vetta e lo stemma, alla base, della famiglia Pamphili. Il papa, all’indomani della guerra dei Trent’anni e della pace di Westfalia, si trova a dominare tutto l’orbe. Nella propaganda pontificia quale monumento più appropriato: La Fontana dei quattro fiumi è simbolo della Chiesa erede della romanità, colei che dona alla città l’acqua che è vita e salvezza

    Girare attorno alla fonte consisteva inoltre un’esperienza sinestetica che permetteva alle genti di conoscere o riconoscere specie animali e vegetali ignote alla gran parte del popolo romano. Ai giorni nostri, in un certo senso, la fontana è morta: non ha più la veridicità che il muschio e le erbe le conferivano e non più animali veri lì attorno si trovano a confondersi con le creazioni scultoree.

    Gli anni di vita accresciuti al papa

    Insomma il Cavalier Bernini, che l’abbia comprata o meno questa commissione, escogitò una meravigliosa sinestesia artistica che tuttora stupisce e mai stanca di regalare vita. Non più certo in quanto dispensatrice d’acqua, bensì in quanto fonte gratuita di bellezza. E la bellezza dona gioia e cambia la vita. Pensate che lo riconobbe anche il papa il quale, allo sgorgare dell’acqua, esclamò: 

    «Cavalier Bernini, con questa vostra piacevolezza ci avete accresciuto di dieci anni di vita!»

    Ma che c’entra tutto ciò con la questione di genere? Finora vi ho parlato di molti uomini e d’una donna ‘corrotta’ (così dicono le malelingue) da una montagna d’argento. 

    La donna che sfidò Bernini

    Per conoscere la storia di una donna, che oggi riterremmo esemplare nel suo sindacare, dobbiamo abbandonare la Fontana dei Quattro fiumi e andare dritti al momento della realizzazione dell’ultimo capolavoro di Gian Lorenzo Bernini: il Tabernacolo del Santissimo Sacramento nella basilica di San Pietro in Vaticano. Dai documenti d’archivio della Fabbrica di San Pietro emerge la figura di una donna che diede filo da torcere al Cavalier Bernini e al papa stesso. Francesca Bresciani, scelta dal celebre scultore e dalla fabbrica di San Pietro per la lavorazione del lapislazzuli, realizzò in maniera magistrale la decorazione di due terzi del tabernacolo e, in particolare, fu lei a realizzare le parti più complesse e maggiormente visibili.

    Tabernacolo Santissimo sacramento Bernini
    Gian Lorenzo Bernini, Tabernacolo del Santissimo Sacramento.

    Ecco che, al momento del pagamento, Francesca Bresciani richiese 1940 scudi, mentre Bernini avrebbe valutato il lavoro per 734 scudi (una riduzione del 60%). La donna cosciente delle sue competenze scrisse al cardinal Massimo chiedendo che il conto «fosse rivisto da persone intendenti l’esercizio, poiché il Cavalier Bernini si intende di lavoro di pietra e non di quello di gioie».

    Scopri altre donne protagoniste di bellezza nella nostra rubrica Donne d’Arte

    Insomma le carte parlano e insieme alle storie dei grandi artisti ci sono le storie di molte donne che praticarono e furono protagoniste dell’arte e della bellezza. Molte di quelle storie ancora esistono e vanno raccontate, perché se il racconto della storia è spesso maschilista, la storia in sé non è né uomo né donna, è umana.